domenica, 22 Giugno 2025

Allarme sulla riduzione della CO2 dei camion

Un grido d’allarme sul futuro dell’industria automotive in assenza dei fattori abilitanti per la transizione energetica voluta dall’Unione Europea

L’industria automotive è pronta, ma mancano ancora i fattori abilitanti indispensabili per garantire la transizione energetica del trasporto, prevista dalle normative UE. E senza infrastrutture di ricarica dedicate ai camion elettrici e costi di gestione (TCO) competitivi per i mezzi green rispetto ai diesel sono a rischio, oltre al raggiungimento degli obiettivi europei, centinaia di migliaia di posti di lavoro e la competitività stessa delle Case costruttrici di camion.

Sono questi, in sintesi, i messaggi lanciati da Christian Levin, CEO del Gruppo Traton e attuale Presidente dell’ACEA, l’Associazione europea delle industrie automotive, durante un incontro con i giornalisti a Bruxelles per fare il punto sulla situazione.

Parlando dalla sede dell’Associazione, Levin ha avvertito che i costruttori di autocarri europei “semplicemente non possono sostenere” le multe miliardarie previste per il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione della CO2. E che le conseguenze si ripercuoteranno ben oltre le fabbriche. “Siamo la linfa vitale della società”, ha affermato Levin. “I trasporti sono alla base dell’efficienza europea. Se perdiamo la nostra competitività come industria, perderemo posti di lavoro, le capacità logistiche e la nostra posizione di leader nel mercato globale”.

Emissioni giù del 45 per cento entro il 2030

In base alla legislazione vigente, entro la fine di questo decennio i costruttori di mezzi pesanti dovranno ridurre le emissioni medie di CO₂ delle flotte del 45% rispetto ai livelli del 2020. Se non raggiungeranno l’obiettivo, dovranno pagare una sanzione di 4,25 euro per ogni grammo di CO₂ per veicolo. Il che significa multe che potrebbero raggiungere la cifra stratosferica di 1 miliardo di euro per ogni OEM. “Se manchiamo l’obiettivo del 10%, è lì che finiremo”, ha avvertito Levin. “E non perché non abbiamo fatto la nostra parte. I veicoli sono pronti. Ma se gli altri tasselli non sono al loro posto, non traguardiamo l’obiettivo”.

Il Presidente dell’ACEA ha delineato quattro condizioni fondamentali che devono essere soddisfatte affinché il settore abbia successo: i camion, le infrastrutture, il business case e la domanda di mercato. Per quanto riguarda il primo fattore, i veicoli, il messaggio è chiaro: gli OEM europei hanno mantenuto le promesse. Tutti i principali costruttori offrono oggi un’ampia gamma di pesanti a batterie (BEV) e la capacità produttiva è già disponibile. “A fronte di un ordine, possiamo garantire la consegna dei veicoli”, ha affermato Levin.

Tuttavia, le vendite di BEV rappresentano attualmente solo il 3,5% del mercato dei pesanti nella UE, una cifra che dovrà aumentare di dieci volte entro il 2030. Alcuni mercati della UE, come la Svezia e i Paesi Bassi, sono all’avanguardia, ma altri, come la Polonia e la Spagna, rimangono i fanalini di coda. “Non è più un problema tecnologico”, ha affermato Levin. “È tutto il resto che manca”.

Nella UE meno di mille stazioni di ricarica per truck

Il secondo ostacolo verso la transizione energetica è rappresentato dall’infrastruttura. Nella UE ci sono meno di 1.000 impianti presso i quali è possibile ricaricare un veicolo pesante. Inoltre, la maggior parte di essi non è dotata di dispositivi MCS (Megawatt charging system), richiesti dagli operatori del lungo raggio. Il vero collo di bottiglia, tuttavia, è la connessione alla rete.

“Anche nel mio paese, la Svezia, possono volerci 10 anni per posare un cavo dell’alta tensione”, ha affermato Levin. “Non si tratta solo di costruire colonnine di ricarica. Si tratta di fornire loro l’energia elettrica, e il processo autorizzativo è completamente bloccato”.

Per le aziende di settore, il passaggio all’elettrico ha senso solo se il business case è solido. E oggi, spesso, non lo è. “Il motore diesel è ancora più economico nella maggior parte dei casi”, ha ammesso il Presidente dell’ACEA. “Dobbiamo cambiare questa situazione”. Le soluzioni, ha suggerito, includono una combinazione di tassazione delle emissioni di CO2, la riforma dei pedaggi autostradali, agevolazioni fiscali e nuovi modelli di finanziamento.

“Nessuno compra un camion per divertimento”, ha affermato Levin. “È un investimento. E se il contratto di trasporto dura solo un anno o due, come si giustifica l’acquisto di un camion a zero emissioni da 300 mila euro?” Saranno necessari accordi di più lungo periodo, segnali più chiari da parte dei governi e impegni vincolanti da parte degli enti pubblici e delle aziende private. Nonostante l’urgenza del problema, Levin ha espresso frustrazione per la mancanza di dialogo con la Commissione europea. “Non siamo nel settore auto. Il nostro è un modello di business completamente diverso e, al momento, siamo esclusi dal dibattito”.

“Come costruttori di mezzi industriali sosteniamo pienamente l’obiettivo della UE”, ha affermato Levin. “Ma senza interventi sulle infrastrutture, sul TCO e sulla domanda, non ci arriveremo mai e le sanzioni amministrative causeranno danni reali”.

Nella UE meno di mille stazioni di ricarica per truck

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